L'altro ieri ho trascorso una giornata a La Verna.
Nel cuore dell'Appennino tosco-romagnolo, il monte della Verna si erge come un gigante di pietra, custode di uno dei più grandi misteri della spiritualità cristiana.
Ma come giunse Francesco d'Assisi in questo luogo remoto e selvaggio?
La storia inizia nel 1213, quando il conte Orlando di Chiusi in Casentino, profondamente colpito dalla predicazione di Francesco, decise di donargli il monte della Verna. Francesco, che cercava luoghi isolati per la preghiera e la contemplazione, vide in questo dono un'opportunità divina.
La Verna, con le sue rocce scoscese e le dense foreste, offriva l'ambiente perfetto per ritirarsi dal mondo e avvicinarsi a Dio.
Per Francesco, La Verna divenne presto un rifugio spirituale, un luogo dove poteva immergersi completamente nella preghiera e nella meditazione.
Vi si recava regolarmente, spesso durante la Quaresima o in altri periodi di digiuno e penitenza.
La natura selvaggia del monte, con le sue grotte naturali e la vista mozzafiato sulle valli circostanti, parlava direttamente al cuore di Francesco, che vedeva in ogni elemento della creazione un riflesso della grandezza divina.
Fu proprio durante uno di questi ritiri spirituali che si verificò l'evento che avrebbe segnato per sempre non solo la vita di Francesco, ma l'intera storia della cristianità.
Nel settembre del 1224, quando Francesco intraprese quello che sarebbe diventato il suo più famoso pellegrinaggio a La Verna, era un uomo profondamente provato, sia nel corpo che nello spirito.
Gli anni di austerità e predicazione avevano lasciato il segno sulla sua salute fragile.
Ma non erano solo le sfide fisiche a pesare sul cuore del santo.
Francesco si trovava in un momento di crisi interiore, confrontandosi con cambiamenti significativi all'interno dell'ordine che aveva fondato. L'espansione rapida dei Frati Minori aveva portato a tensioni e dibattiti sulla direzione futura dell'ordine.
Alcuni frati spingevano per una maggiore istituzionalizzazione e per l'allentamento della stretta regola di povertà, mentre Francesco temeva che si stessero allontanando dall'ideale originario.
Queste preoccupazioni lo tormentavano.
Sentiva il peso della responsabilità per la direzione che l'ordine stava prendendo, eppure si sentiva sempre più marginale nelle decisioni quotidiane.
La sua visione di una fraternità basata sulla povertà assoluta e sulla semplicità evangelica sembrava essere messa in discussione.
Fu in questo stato d'animo complesso - un mix di esaurimento fisico, preoccupazione per il futuro dell'ordine e desiderio di rinnovamento spirituale - che Francesco decise di ritirarsi nuovamente a La Verna.
Cercava non solo un luogo di pace e preghiera, ma anche chiarezza e guida divina per affrontare le sfide che lo attendevano.
La salita al monte in quell'occasione fu quindi più di un semplice ritiro spirituale.
Era un pellegrinaggio di un'anima in cerca di risposte, di un leader in cerca di direzione, di un uomo di Dio in cerca di un rinnovato incontro con il divino.
Poco poteva immaginare Francesco che su quelle rocce aspre lo attendeva un'esperienza che avrebbe non solo trasformato la sua vita, ma avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia della spiritualità cristiana.
Francesco salì nuovamente a La Verna per il suo consueto ritiro di quaranta giorni in preparazione alla festa di San Michele Arcangelo.
Questo periodo di intensa preghiera e digiuno culminò in un evento straordinario che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia della spiritualità.
Il 14 settembre, festa dell'Esaltazione della Santa Croce, Francesco si trovava in preghiera sul monte. In un momento di intensa contemplazione, ebbe una visione di un serafino crocifisso. Al termine di questa esperienza mistica, sul suo corpo apparvero i segni della Passione di Cristo: le stigmate.
Questo fenomeno, mai registrato prima nella storia della Chiesa, rappresentò il culmine del percorso spirituale di Francesco, la manifestazione fisica della sua totale conformità a Cristo.
Le stigmate non erano solo un segno esteriore, ma il sigillo di un'unione spirituale così profonda da trascendere i confini tra il divino e l'umano.
L'esperienza delle stigmate trasformò profondamente Francesco, non solo nel corpo ma anche nello spirito.
Da questo crogiolo di dolore e estasi nacquero alcune delle sue preghiere più potenti e toccanti, che ancora oggi ci parlano con una forza straordinaria.
Immediatamente dopo l'esperienza delle stigmate, Francesco compose una preghiera che sarebbe diventata nota come "Le Lodi di Dio Altissimo".
Scritta su una piccola pergamena donata a frate Leone, questa preghiera è un'esplosione di lode, un grido d'amore di un uomo che ha toccato con mano il mistero di Dio.
"Tu sei santo, Signore Dio unico, che fai cose stupende.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene,
Signore Dio vivo e vero…"
Ogni "Tu sei" è come un'onda che si infrange sulla riva dell'anima di Francesco, rivelando una nuova sfaccettatura del divino.
Non è più una preghiera di richiesta o di lode convenzionale, ma il tentativo appassionato di catturare in parole un'esperienza che trascende il linguaggio umano.
Sulla stessa pergamena delle Lodi, Francesco scrisse anche una benedizione per frate Leone.
Questo gesto, apparentemente semplice, rivela la profondità del legame tra Francesco e il suo confratello, un legame che trascende persino l'esperienza mistica delle stigmate.
"Il Signore ti benedica e ti custodisca,
mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.
Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace.
Il Signore benedica te, frate Leone."
Queste parole, scritte in un momento di intenso dolore fisico e di elevazione spirituale, sono molto più di una semplice benedizione.
Sono un ponte gettato tra l'esperienza mistica personale di Francesco e la sua missione nel mondo.
Mentre le stigmate lo avevano unito in modo unico a Cristo, questa benedizione lo riconnette all'umanità, rappresentata da frate Leone.
Oggi, otto secoli dopo quell'evento straordinario, La Verna continua a essere un luogo di pellegrinaggio e contemplazione.
Le rocce che furono testimoni silenziose del miracolo delle stigmate sembrano ancora risuonare delle preghiere di Francesco.
L'anniversario degli 800 anni dalle stigmate non è solo una commemorazione storica, ma un'opportunità per riflettere sul significato profondo di questo evento.
In un mondo sempre più secolarizzato, le stigmate di Francesco ci ricordano la possibilità di un incontro diretto e trasformativo con il divino.
Le preghiere nate da quell'esperienza continuano a toccare i cuori dei fedeli, offrendo un linguaggio per esprimere l'inesprimibile.
Sono un ponte tra il misticismo più elevato e la devozione quotidiana, un invito a vedere il mondo e noi stessi attraverso gli occhi di un uomo che è stato letteralmente "segnato da Dio".
Ti piacerebbe salire con noi a La Verna?
Noi passiamo sempre a La Verna sempre nei nostri pellegrinaggi ad Assisi.
Dopo il mio momento di preghiera a La Verna ho capito che le stigmate di Francesco non sono solo un evento del passato, ma una sfida continua per il presente.
Ci invitano a considerare cosa significhi veramente seguire Cristo, a riflettere sulla natura dell'amore divino e sulla nostra risposta a esso.
Le nostre ferite possono essere innestate a quelle di Cristo e viceversa per dare frutto, dare vita.
In un'epoca di divisioni e conflitti, il messaggio di Francesco - un messaggio di amore radicale, di unione con Dio e con tutta la creazione - è più rilevante che mai.
Le stigmate, e le preghiere che ne sono scaturite, ci ricordano che la vera rivoluzione inizia nel cuore di ciascuno di noi.
Mentre commemoriamo gli 800 anni da quell'evento straordinario sul monte della Verna, siamo invitati a lasciare che le parole di Francesco, nate dal suo incontro con il divino, risuonino nelle nostre vite.
Forse, attraverso di esse, possiamo anche noi sperimentare un frammento di quella trasformazione che ha cambiato Francesco e, attraverso di lui, il mondo intero.